SOLO è un termine che può portare fuori strada. In concerto sono sempre in compagnia. Del pubblico e di quel che trasmette, dei miei pensieri, del cibo che ho appena mangiato, dell’acustica del luogo, del monitor e dell’ impianto audio approntato dal buon Roberto Lioli, che da anni funge da tramite fra il mio piano e il resto del mondo.
Grazie a lui, io stesso mi faccio strumento e mi diverto a vedere cosa nasce improvvisando, come il suono che si crea dentro me si incanala nelle mani, arriva al piano quindi al pubblico.
Ho inciso tre dischi da solo, Småt Småt, Piano Solo e il più recente Arrivano gli alieni. Ma sul palco salgo per suonare, senza una scaletta predefinita, “quello che mi passa per la testa sul momento”, per dirla alla George Bernard Shaw (ma lui non l’ha mai detto). È come costruire un ponte e al tempo stesso passarci sopra. Si tratta di cercare di tradurre il momento presente in suono, perché arrivi più diretto al cuore, senza passare necessariamente dal giudizio della vostra testa.
E se ci passa, che almeno nel tragitto questo suono vi faccia divertire come un venticello che soffia immagini in movimento, luci, colori…
I dettagli naturalmente di codesto teatro emotivo personale li gestite voi, ognuno per proprio conto, io porto il venticello.
STEFANO BOLLANI piano, voce